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Alla ricerca dei più poveri

Alla ricerca dei più poveri

In occasione della canonizzazione di Madre Teresa un incontro coi suoi figli missionari

di fra Pier Giorgio T.

La fraternità coi figli di Madre Teresa. Il pomeriggio del 18 agosto scorso, dalla nostra casa di Tarabosh abbiamo pensato di andare ad incontrare i Missionari della Carità. Si tratta dell’unica comunità che questi religiosi hanno in Albania, in un comune a 20 chilometri da Scutari, chiamato Bushat. Sono notissime le suore Missionarie col loro sari bianco e azzurro.

Molto meno numerosi nel mondo questi altri fratelli, che fanno parte di una delle famiglie di consacrati volute dalla novella Santa, con alcuni chierici e altri non chierici. Nel 1991, appena dopo la caduta del regime, essi ebbero la possibilità di andare a vivere a Kukel, un villaggio ai piedi delle colline che separano la foce del fiume Drin dall’entroterra abitato, a sud di Scutari. La loro prima casa adesso è stata trasformata in un museo, dedicato a Dom Ndre (Andrea) Mjeda (1866-1937), un sacerdote letterato, linguista e poeta albanese, poi anche deputato. Così sono andati a stare a Bushat, dove hanno ripreso la cura della chiesa, che era stata trasformata in biblioteca e sala della cultura durante il regime comunista.

Ero ammalato e mi avete sollevato. La prima occupazione dei Missionari è stata quella di cercare i più poveri fra i poveri, come sempre ha insegnato e mostrato di voler fare santa Teresa. Oggi provvidenzialmente in questa zona non ci sono più famiglie senza alimenti. Si può compiere un apostolato diretto nelle case, visitando gli anziani e i malati, a cui viene portato anche il conforto della Comunione, quando si tratta di nuclei di tradizione cattolica. Infatti a Bushat vivono anche diverse famiglie musulmane. Ma l’opera più consistente e visibile che svolgono i Missionari è l’assistenza a disabili e anziani, 24 ore su 24, ospiti permanenti in una casa affianco alla loro comunità. Sono una trentina in tutto, di ogni età e da tutte le regioni dell’Albania. Una nazione dove le strutture protette e i servizi sociali, sia privati sia pubblici, non esistono quasi per niente.

Nella casa con i disabili c’è una cappella, in cui tre volte a settimana si cura anche lo spirito mediante la recita del Rosario. Nella chiesa parrocchiale abitualmente c’è l’adorazione eucaristica quotidiana, per cui i fratelli si sono organizzati con turni di preghiera silenziosa. Sono in tutto sette, dall’Albania, Stati Uniti, Filippine, India. Qui vive il Vicario generale della Congregazione, fra Ramon, un infermiere professionale, che ha la responsabilità formale della casa-ospizio.

Una giornata di preghiera e di carità. L’ora della levata è le 4.30. Dalle 5 alle 6 c’è la preghiera comunitaria nella cappella della casa. Poi il passaggio per la sveglia e pulizia degli ospiti, ai quali viene servita la colazione. Al termine i frati tornano in casa propria, per fare a loro volta la stessa colazione e iniziare i turni di adorazione e le attività lavorative. C’è un orto in bell’ordine con la coltivazione di uva e altri prodotti, fra cui la “zucca amara” (bitter gourd), una specie assente in Italia, con buccia rugosa verde scuro e numerose, piccole escrescenze in superficie. Noi abbiamo portato pomodori e cetrioli del giardino del convento. Loro in cambio ci han regalato una decina di questi ortaggi, spiegandoci che potevamo prepararli al modo delle zucchine. Nello stile di vita di questi religiosi c’è una povertà di mezzi evidente. Non posseggono cellulare, nemmeno un’auto, ma si spostano con la bici ovunque vi sia un qualche bisogno spirituale o materiale. Anche la loro dimora è estremamente semplice, senza fronzoli, con un affidamento totale alla divina Provvidenza.

Il Sinodo dei Vescovi del 1994. Nell’Esortazione apostolica Vita Consecrata san Giovanni Paolo II scrisse: «Io stesso, alla fine del Sinodo, ho sentito il bisogno di sottolineare questo elemento costante nella storia della Chiesa: la schiera di fondatori e di fondatrici, di santi e di sante, che hanno scelto Cristo nella radicalità evangelica e nel servizio fraterno, specialmente dei poveri e abbandonati. Proprio in tale servizio emerge con particolare evidenza come la vita consacrata manifesti l’unitarietà del comandamento dell’amore, nell’inscindibile connessione tra amore di Dio e amore del prossimo. Il Sinodo ha fatto memoria di quest’opera incessante dello Spirito Santo, che nel corso dei secoli dispiega le ricchezze della pratica dei consigli evangelici attraverso i molteplici carismi, e anche per questa via rende perennemente presente nella Chiesa e nel mondo, nel tempo e nello spazio, il mistero di Cristo» (n. 5). Anche Madre Teresa fu invitata in quel frangente a porgere un suo messaggio ai Padri sinodali.

Credo nella comunione dei santi. Tra l’altro, una volta ella disse: «Amiamo... non nelle grandi ma nelle piccole cose fatte con grande amore. C’è tanto amore in tutti noi. Non dobbiamo temere di manifestarlo». La semplice visita che ci è stato possibile effettuare, voleva proprio essere un segno di questo amore, una promessa di preghiera vicendevole, un modo per ringraziare il Signore d’averci chiamati a servire il Suo popolo in questa terra benedetta. Nei cuori di tutti noi la certezza che la Santa più popolare d’Albania continua a pregare dal Cielo per i suoi poveri, i figli e le figlie consacrati, per tutti i suoi amici e benefattori.

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