HAJMEL - Tre suore per tre villaggi

Succede in Albania dove tre religiose stimmatine vivono in pianta stabile nella zona setterntrionale dei territori di Nenshat, Hajmel e Dheu - i . Lehte. Tutte albanesi, tutte profondamente radicate nella popolazione locale e nelle problematiche del posto.
Alla probanda Valentina, donna di quarant’anni nella casa religiosa da poco più di un anno, si aggiungono le sorelle (di sangue...) Teresa Mira Ferra e Teresina Shtjefni, la prima responsabile 49enne del gruppo. Tre valenti rappresentanti di un ordine religioso femminile che in Albania conta ventuno aderenti.

Anche in questo caso tutte albanesi tranne una spagnola ed una - piuttosto anziana - di origini italiane: «Siamo due di quattro figlie, di cui due sposate», puntualizza suor Teresina. «Dopo nove anni in Mozambico, è iniziato un percorso itinerante in giro per l’Italia tra Roma, sede della nostra casa generalizia formata da venti sorelle, e la Toscana. La mia prima professione risale al 2005». Quella perpetua, arriva nel 2012 a Dukagjin.
Quindi l’approdo nel territorio di Hajmel, territorio nel distretto di Skutari: «Sono arrivata lo scorso 20 giugno e non conosco ancora la mia prossima destinazione». Notizie giungeranno da Roma, direttamente da suor Maria Rosaria Amato, madre generale delle stimmatine di origini pugliesi. Il futuro è già alle porte. Ma c’è un passato che riaffiora: «Sono orfana di padre dall’età di 11 anni - continua la religiosa vestita di grigio - e da quel momento a casa ho svolto il compito di mamma. Quando le mie sorelle sono andate via per la loro strada, mia madre si è trasferita da altri parenti ed io ho avuto la possibilità di entrare in convento».
Decisione tardiva rispetto alle reali esigenze del cuore: «Il primo incontro con le suore stimmatine l’ha fatto per caso mia sorella Teresa. Per la mia vita questo è stato il contatto decisivo che avrebbe avuto una svolta qualche anno dopo. Non aspettavo altro, era il mio più grande desiderio». La presenza in Albania delle religiose ha un valore simbolico. Sia per l’opera missionaria. Sia per un retaggio storico tribolato: «Nel ’90, ventitre suore albanesi sono uscite allo scoperto una volta chiusa la dolorosa parentesi del comunismo. Sino ad allora erano rimsate nascoste nelle proprie abitazioni pur conservando la loro consacrazione al Signore. Quindi, la costruzione dell’attuale casa religiosa ed il trasferimento in convento».
Nel viaggio del tempo, il presente bussa. E conduce alla missione tra i bambini dell’oratorio accanto ai frati cappuccini della Provincia di Puglia e Albania: «Un’esperienza tanto bella quanto impegnativa. Cerco di dare del mio meglio. Lo scopo principale da raggiungere è portare la gioia sul volto dei piccoli. Siamo qui per dargli la possibilità di essere felici». Il «lavoro» quotidiano si divide tra catechesi e giochi: «In entrambi i casi - conclude suor Teresina - l’obiettivo è quello di trasmettere regole e valori di comportamento. L’aspetto morale, centrato sul rispetto dell’altro e sulla condivisione comunitaria, riveste il ruolo primario del nostro intevento».
Pierpaolo Paterno