Segretariato Missioni Estere Cappuccini Puglia Onlus

NENSHAT - Vita da diacono

fra Matteo Di Seclì

Scelta Missionaria
Il servizio di Matteo Di Seclì, giovane frate cappuccino ordinato al primo grado del sacramento dell’Ordine lo scorso 3 luglio nel santuario barese di Santa Fara, si colloca nella periferia settentrionale dell’Albania. Destinazione raggiunta a pochi giorni dall’ordinazione come prima obbedienza in una fraternità dopo il lungo percorso formativo in Italia.
«La mia storia nella fede all’insegna della missione - ricorda il frate di origini salentine - comincia negli anni della pre adolescenza, ai tempi del Movimento Giovanile Missionario della diocesi di Ugento-Santa Maria di Leuca. Quindi gli anni del post cresima dedicati ai mercatini, ai campi scuola e alla raccolta di materiali da devolvere alle missioni nel mondo».
Poi, la svolta francescana e l’acquisizione di valori più profondi: «Fraternità e lavoro insieme agli altri sono i punti cardini della vocazione religiosa culminata col recente discernimento accanto ai miei superiori. Così riemerge questa mia vocazione missionaria».

Fra Matteo incarna, infatti, il volto nuovo della missione dei cappuccini di Puglia nella Nazione delle aquile. Accolto nel convento di Nenshat dal padre guardiano Bonaventura e da fra’ Flaviano Ricciardi, le energie sono dirottate subito al contatto con i tantissimi giovani dei villaggi di Nenshat, Heimel e Dheu-I-Leht, per un totale di circa duecento ragazzi (dai tre ai ventidue anni di età) impegnati in attività di oratorio estivo. Al suo fianco, utilissimo tanto nel sostegno all’animanzione quanto nell’opera di intermediazione linguistica, fra Roland (ma tutti lo chimano Landi): un gigante buono nato nei paraggi e attualmente in formazione da post novizio cappuccino in quel di Campobasso. Ma questa è un’altra storia.
«Giochi e catechesi - riprende fra Matteo - riempiono la proposta oratoriale resa possibile anche grazie alla partecipazione di quattro gruppi di volontari e animatori provenienti dalla Puglia in quaranta persone e suddivisi per settimane».

L’azione e la contemplazione. Il fare e i contenuti. La coppia dei sostantivi dona il senso della motivazione missionaria: «Essere missionari vuol dire permettere l’incontro con Gesù. Alla gente che incontro qui voglio trasferire la bellezza di questo amore che continua a cambiare la mia vita da laico a francescano. E’ un incontro che salva, che trasforma le vere povertà legate ad una mentalità anti evangelica al di là delle precarie condizioni materiali. Mi riferisco alla dignità della persona, alle tossicodipendenze, agli egoismi e ai soprusi politici, alla condizione d’inferiorità sociale della donna, alla logica della vendetta. Tutte piaghe ancora presenti in Albania».

Carte da Giocare
La spinta e l’entusiasmo di un giovane frate rivestono un ruolo decisivo nell’opera di svolta culturale di un Paese profondamente macellato da decenni di comunismo: «Voglio partire dal basso - l’intento di fra Matteo - puntando sulla formazione diretta delle persone. Le infrastrutture a disposizione non mancano. Adesso, le chiese e gli spazi ecclesiali vanno riempiti di contenuti. Bisogna dare vita alle pietre. E farlo essendo albanese tra gli albanesi». Un approccio antropologico che rivela grande intelligenza di manovra: «Dedicherò molto tempo all’incontro delle popolazioni locali per comprenderne le autentiche esigenze e per mettermi meglio al loro servizio senza mai dimenticare il discernimento nella preghiera».

Sulla Montagna
Come nella riscrittura personale delle «Beatitudini» e sulle orme di Gesù, il secondo capitolo della permanenza in Albania racconta della permanenza a Fush Ars. Nel villaggio in provincia di Puka, sulle vette montuose a nord della penisola balcanica, Matteo incontrerà fra’Andreas, cappuccino tedesco di mezza età che guida dodici comunità cristiane da ormai sei anni a questa parte: «Trascorrerò l’inverno immergendomi del tutto in questo servizio di carità. L’obiettivo primario sarà quello di imparare la lingua albanese (shqip, ndr) di concerto con l’affiancamento nelle attività pastorali utili anche ad acquisire un metodo di evangelizzazione. Ogni quindici giorni conto di fare capolino nei villaggi dei campi estivi. Ma la presenza nel territorio di Fush Ars mi metterà di fronte ad un target di fedeli completamenti diverso».
Qui subentra la forza dello Spirito Santo. Il giovane diacono dispensa sicurezza: «Non ho paura per quello che mi aspetta nei mesi a venire. Non mi spaventa nemmeno la mentalità più chiusa di una popolazione logisisticamente isolata. Mi metterò sulle orme di un percorso già avviato da altri». Il proposito missionario prevale su tutto: «L’Albania non è una mia scelta, ma una proposta della mia Provincia. Questo mi fa scoprire e fa agire la volontà di Dio nella mia vita. Sognavo di partire per l’Africa o l’America Latina. Invece - conclude fra’ Matteo - vedo la chiamata del Signore nell’obbedienza. E’ una scommessa perché conosco i miei limiti. In fondo, affido a Dio il mio piccoli sì».

Pierpaolo Paterno

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